Per molti di noi, probabilmente per tutti, la vela è sinonimo di pace e tranquillità; la barca che scivola docile sull’acqua, il vento, il silenzio, il ritrovare un contatto diretto con la natura che ci circonda condividendo queste sensazioni con amici che sanno apprezzare tutto questo… Potrei proseguire quasi all’infinito con queste descrizioni e so che, per molti di noi, “andare in barca” produce un effetto quasi terapeutico.
E’ proprio per questa ragione che quando le cronache ci raccontano di atti di violenza criminale perpetrati a bordo, vivo tutto questo come una sorta di profanazione. Questa riflessione ha preso spunto da un recente fatto di sangue avvenuto ai Caraibi: due coniugi statunitensi che anni fa scelsero di fare della barca la loro casa, mentre erano all’ancora sono stati aggrediti ed uccisi: i responsabili, con ogni probabilità, sono tre galeotti evasi proprio quel pomeriggio dal carcere di una cittadina lì vicino, saliti a bordo a scopo di rapina. Allo stato sono ancora ricercati ma intanto i due velisti hanno pagato con la vita la tragica malasorte di essersi trovati proprio lì, dove tutto è accaduto, nel momento sbagliato.
Mi sono tornate in mente due tragiche e tristissime vicende delle quali avevo letto anni fa.
Nel Giugno del 1988, la skipper professionista Annarita Curina, armatrice del catamarano Arx, imbarcò una coppia di velisti che avevano deciso di trascorrere a bordo qualche giorno di vacanza. In effetti Filippo De Cristofaro e Diana Beyer (allora diciassettenne) avevano in mente altri piani: volevano rubare il catamarano e fuggire in Polinesia. Probabilmente Annarita aveva avuto qualche sospetto e forse aveva intuito di essere in pericolo, fatto sta che i due“ospiti” prima la addormentarono con del Valium, poi la uccisero a colpi di machete gettandone il corpo in mare, legato ad una delle ancore di bordo, Il cadavere emerse al largo di Senigallia, i due criminali furono rintracciati, arrestati, processati e condannati.
La Beyer, in quanto minore, subì una condanna lieve (circa sei anni) mentre De Cristofaro fu condannato all’ergastolo. Riuscì ad evadere per ben due volte dalle carceri di Opera e Porto Azzurro; nel 2014 fuggì in Portogallo dove è stato arrestato nel Maggio del 2023. Per qualche strana ragione le autorità Portoghesi non hanno concesso l’estradizione e l’uomo è stato scarcerato ed è tutt’ora latitante.
Un altro caso clamoroso, anche se con una dinamica molto diversa, è quello di Apollonia, uno yawl in legno del 1967. I tragici fatti risalgono al Dicembre del 1981, durante una traversata atlantica dalle Isole Canarie a Barbados. A bordo si trovavano tre coppie che prima di quel viaggio non si conoscevano. I rapporti interpersonali si fecero da subito molto tesi ed al diciottesimo giorno di navigazione la situazione precipitò: uno dei due uomini imbarcati come ospiti, Jorg Rottig, chiese allo skipper-armatore una lettera di referenze per poter lavorare come skipper ai Caraibi. Di fronte al diniego del Comandante, Rottig estrasse una pistola e, assieme alla compagna, prese possesso della barca… un vero e proprio ammutinamento! Lo skipper tentò di reagire ma fu ucciso, così come la sua compagna; un terzo membro dell’equipaggio rimase gravemente ferito.
In occasione del processo scesero in campo alcuni psicologi i quali analizzarono le cause alla base dello stato di “insostenibile tensione” che si era creato a bordo: aspettative eccessive, mancato rispetto di alcune elementari regole di convivenza, nessuna chiarezza sui ruoli e sulle responsabilità di ognuno, catena di comando debole. Ovviamente tutto questo non giustifica due omicidi ma, come è stato scritto, “la barca è un mondo che inizia a prua e finisce a poppa”, quindi la convivenza forzata, soprattutto per periodi di tempo prolungati, è un fattore che va tenuto in debito conto ed assolutamente non sottovalutato. Qualcuno ha fatto beffardamente notare che APOLLON era il dio greco dell’Armonia !
Buon Vento!
Mirco Mascotto
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