Navigare di notte senza l’ausilio di strumenti elettronici. Affascinante, emozionante, intrigante. Però …

Da sempre ci viene insegnato che la corretta programmazione di una navigazione, per prudenza, deve prevedere l’atterraggio nelle ore diurne. Comunque, una buona conoscenza del corretto navigare anche in notturna deve essere il bagaglio del buon navigante poiché, per un qualsiasi imprevisto motivo, potrebbe accadere che la navigazione non vada come programmato e si debba atterrare di notte.

Tuttavia, con meteo favorevole, provare l’esperienza anche breve e a poca distanza dalla costa, magari semplicemente per spostarsi da un porto/baia ad un altro, regalerà emozioni ed immagini che nessun altro modo di navigare regala.

Solo il silenzio, il cielo stellato i riflessi dei fari o della luna sull’acqua, la costa che sembra un presepe, fanno vivere emozioni e suggestioni che non si dimenticano facilmente. Un’intrigante sorta del più noto “mal d’Africa”.

Ritengo un buon consiglio quello di evitare la navigazione notturna, soprattutto se si è alle prime armi nel mondo della nautica: ci sono parecchie cose da tenere in considerazione a livello di organizzazione e di strumentazione per poter affrontarla in sicurezza e senza troppo stress. È doveroso quindi organizzarsi bene: vediamo come e cosa bisogna fare prima di intraprenderla.

Non è né logico né immediato immaginare come e quanto possa cambiare la percezione del navigante durante la navigazione se non ci si è mai trovati in questa situazione. Certo è che dobbiamo dare per assodato che risulti più difficile, se non impossibile, vedere con i propri occhi eventuali ostacoli, i fondali bassi, eventuali UFO (unidentified floating objects), magari semisommersi.

Per non parlare del fatto che in barca a vela risultano difficili da scorgere e valutare manovre e velocità relativa fra imbarcazioni o un qualunque oggetto in movimento.

Quindi si dovrà porre massima e costante attenzione non appena si avvistino luci di navigazione, soprattutto se in sentore di possibile incrocio. Certo, navigando con la luna piena e con cielo sereno è tutto relativamente più facile. In ogni caso, valutare le reali distanze degli oggetti che si presentano davanti a noi è più difficile. Certe volte luci lontanissime sembreranno vicine e viceversa, molte sulla costa possono essere confuse con segnalazioni marittime: fanali d’ingresso, luci di via, ecc..

Un buon binocolo marino, in ogni caso, può senz’altro fare la differenza. Anche un buon ascolto non è da trascurare: in assenza di vento si possono sentire le onde frangere sugli scogli.

Quindi come organizzarsi nel migliore dei modi per affrontare un breve tratto senza l’ausilio di strumentazione elettronica?
Prima di tutto è bene pianificare per tempo la navigazione su carta nautica, consultando il libro “Fari e segnali da nebbia”e il portolano aggiornati.

Grande attenzione dovrà essere posta a eventuali pericoli fissi, segnali cardinali, zone di navigazione proibita, secche, relitti e traffico locale e pubblico che incontreremo lungo la nostra presunta rotta. Poi, sulla carta nautica, si identificano i fari che si dovranno con certezza vedere lungo il percorso, annotandone ben in evidenza le loro caratteristiche senza dover ricorrere a lenti e luci rosse nella notte. (A suo tempo, per tale scopo e qualcuno di noi lo ricorderà, il nostro Presidente Franco Abriani predispose un apposito modulo). (1)

Ora, l’abituale sistema di navigazione notturna costiera, consiste essenzialmente nell’esecuzione di virate – o accostate nel caso stessimo procedendo a motore – proprio in occasione del rilevamento previsto dei fari individuati.

Tuttavia, talvolta potrebbe capitare che la relativa altezza dei fari (3) non consenta la visione della luce emessa come descritto nelle loro caratteristiche, soprattutto se posti su isole scarsamente abitate, dove la vegetazione spontanea cresciuta dietro o a fianco del faro può essere più alta del faro stesso, oscurandone la vista.

Ciò inevitabilmente crea un settore “occultato”, giustamente non indicato nelle carte nautiche, perché non rivolto verso il largo.

Per questo motivo sarà difficile sapere con certezza quando la luce del faro sarà visibile, se non navigando verso il largo fintanto che lo sarà. Ora, per evitare di navigare qualche miglio in più, spiego un mio sistema che fino ad oggi non mi ha tradito, derivante proprio dalla considerazione che i fari sono fatti per atterrare di notte provenendo dal largo, ma che non sempre sono utilizzabili nella navigazione notturna costiera.

Quindi?

Sulla carta nautica, per ogni faro di interesse, traccio a matita dei “settori di visibilità”, i quali – sfiorando gli scogli più esposti rispetto al faro (v. semirette arancioni, blu e verdi) – possono senza dubbio far pensare che, lato mare, siamo liberi da ostacoli. Se non evidenziato diversamente sulla carta nautica, diamo per scontato che sulla costa non vi siano ostruzioni di altra natura aventi altezze superiore al faro (2), quindi il faro in questione lo dovrò certamente vedere il quel punto, forse prima ma non dopo.

Fatto ciò traccio le rotte, badando di riservare una buona distanza dalla costa, fino all’incrocio dei settori di interesse, annotando la lunghezza del tratto da navigare e la Rv fra un punto di virata e l’altro; così per la seconda tratta e a seguire alla via così.

La navigazione che si intraprenderà sarà quella stimata (tempo / vel./ dir./ log): fissando ogni tanto un punto nave e rilevando i fari visibili e già noti, ci si potrà assicurare di essere sul punto previsto o si comprenderà di essere fuori rotta.

Ritaglio di carta nautica ed esempio simile al progetto del percorso fatto a motore nella crociera Capibarca 2022.

Iniziare la navigazione seguendo pedissequamente la rotta così progettata, annotando di tanto in tanto sul giornale di bordo l’ora, la prua bussola, il log e la velocità negli appositi spazi previsti per essere in grado di fare un punto stimato che, come già detto, verrà verificato con un punto nave.

Parlando di un breve tragitto (qualche decina di miglia) non serve predisporre turni di guardia e di riposo, avere l’equipaggio preparato ecc. ma serve che tutti siano al corrente di dove si vuol arrivare, a che orario (ETA) è previsto l’arrivo e che tutti siano avvisati di non usare luci bianche (2) durante la navigazione notturna.

Non si parla solo dell’organizzazione dell’equipaggio: anche la barca deve essere organizzata bene, assicurando drizze e cavi prima del tramonto affinché non possano provocare inciampi di notte e dando, per sicurezza, una controllata complessiva alla barca alle ultime luci del giorno, assicurandosi ad esempio che il motore funzioni, che ci siano le batterie cariche e che le luci di via siano funzionanti.

Un’attenzione particolare dovrebbe essere destinata alle dotazioni di sicurezza: quando la visibilità è ridotta, meglio indossare sempre il giubbotto salvagente, nonché eventualmente assicurarsi alla jack line e avere una lampada da testa a luce rossa. Una buona regola nella navigazione notturna a vela, anche in assenza di perturbazioni, è quella di ridurre la tela esposta: si rallenterà la marcia, ma si ridurranno anche stress e rischi!

Non serve dire che seguire una rotta andando a motore risulterà molto più semplice che percorrerla andando a vela, annotando tutte le virate anche sulla mappa, aumentando così l’incertezza sulla posizione. Fortunatamente oggi ci sono dispositivi e accessori che ci permettono di aumentare la sicurezza della navigazione notturna.

Pensiamo ai radar e ai binocoli moderni spesso dotati di lenti con una luminosità eccezionale, quasi da sembrare dotati di visore notturno (che sarebbe il top). Sicuramente anche i GPS cartografici sono ausili altamente preziosi, ma dobbiamo essere consapevoli che, pure loro, devono avere mappe aggiornate e che vanno correttamente interpretati e compresi soprattutto nelle sigle che ci mostrano!

B.V.

Francesco Rancan

NOTE

(1) La tabella Rancan:

(2) Penso sia noto a tutti, e se non lo è basta provare mettendosi al buio in una stanza, quanto sia deleterio accendere una luce bianca alla vista di un occhio abituato al buio.

Si chiamano coni e bastoncelli a causa della loro forma, le cellule nervose che si trovano sulla retina chiamate anche ‘fotorecettori in quanto sensibili alle onde luminose e che svolgono l’importante funzione di trasformare la luce che arriva sul fondo dell’occhio in una informazione prima chimica, poi elettrica che viene trasmessa al cervello mediante il nervo ottico. I coni sono responsabili della visione diurna e colgono con precisione dettagli e colori.

I bastoncelli invece veicolano un’immagine meno nitida, ma presentano una grandissima sensibilità alla luce consentendo di “vedere” anche di notte in presenza di una bassa luminosità, quella che viene chiamata visione ‘crepuscolare’ ma a differenza dei coni non percepiscono il colore. È proprio la caratteristica dei bastoncelli che ci aiuterà a navigare di notte tuttavia non è una risposte immediata al calar della luce, serve un po’ di tempo affinché tale meccanismo naturale inizi a funzionare.

Questo meccanismo, una volta in funzione si mantiene automaticamente nel tempo fintanto che le condizioni di illuminazione non cambiano. Ecco quindi che una luce bianca, accesa anche solo per qualche secondo, varia questo meccanismo che si auto elimina ma che si ripristinerà al ritorno del buio ma con discreta lentezza. Ciò potrebbe essere pericoloso poiché ci limita la visuale e la percezione di quanto potremmo vedere davanti alla nostra prua.

(3) L’altezza in questione non è quella relativa dal livello media marea, e indicata sulla carta nautica, bensì quella del manufatto indicata sul libro Fari e Segnali da nebbia e che spesso è molto diversa. (V. immagine sotto).

Estratto dal Libro fari e segnali da nebbia.