Questa potrebbe essere vista come la sequenza d’inizio di una straorzata. Notare che espongono anche un po’ di genoa. Perché?

Nelle andature portanti, per far correre al massimo una barca qualsiasi, un buon timoniere dotato di esperienza e sensibilità, certamente frutto di molto allenamento, continua leggermente ad orzare e poggiare entro certi piccoli limiti variabili in funzione del tipo di barca, stato del mare e forza del vento. Tuttavia, per distrazione o troppa confidenza, si può perdere il controllo e incorrere in una straorzata o strapoggiata.

Così è! Quindi come potremmo uscirne senza danni e senza paure? Ecco che, anche in questo caso, ci viene in aiuto la teoria. In particolare quella sull’aero-idrodinamica.

Purtroppo, più di qualche allievo, trova questi argomenti molto teorici e tediosi meglio la pratica con la quale ci si diverte di più e si accumula esperienza che pure aiuta non poco. Si, è vero. Soprattutto quando tali lezioni sono tenute dopo cena dopo una giornata di lavoro come, purtroppo, facciamo anche noi del Paterazzo. Scelte che purtroppo non hanno alternative.
Venendo all’argomento dovremmo tirare in ballo il centro velico, quello di carena e la portanza delle appendici immerse, in questo caso del timone.

E’ intuitivo che, alle andature portanti per far andar diritta una barca in assenza di onda e raffiche, il centro velico e quello di carena, devono essere mantenuti il più possibile sullo stesso asse, quello verticale della barca ed essa, ben equilibrata, procederà dritta senza intoppi. Tuttavia non è sempre così facile anzi non è quasi mai possibile per l’effetto dell’interazione con la carena e l’acqua. Inoltre, come detto sopra, una piccola distrazione del timoniere, un’onda o una raffica non ben gestite, bastano per far partire lo squilibrio. Detto squilibrio potrebbe portare ai due inconvenienti del titolo: la straorza o la strapoggia.

La prossima volta, per primo, faremo delle considerazioni sulla straorza, inconveniente che, se ben gestito, porta solo ad una perdita di tempo e ad un po’ di sforzo in più sia per le attrezzature che per l’equipaggio.

Francesco Rancan