Qualche estate fa, i problemi al motore del mio Grand Soleil 39 mi costrinsero ad eseguire un ormeggio all’inglese a vela; un’emergenza che non avevo mai affrontato in precedenza, soprattutto con una barca di dodici metri con un dislocamento importante (oltre nove tonnellate a secco).
Eravamo a Pomer e, fortunatamente, lo specchio d’acqua dove avrei dovuto manovrare era abbastanza ampio ed il lungo molo esterno insolitamente deserto, nonostante la stagione.
Mi consultai con Francesco (Rancan) che era a bordo con me e decidemmo che la cosa migliore fosse accostare con la fiancata di sinistra; spostammo quindi su quel lato tutti i parabordi disponibili e predisponemmo i cavi di ormeggio a prua ed a poppa. Il vento spingeva in banchina, quindi decisi di ammainare la randa ed eseguire la manovra con la sola vela di prua.
Richiamammo l’attenzione di un paio di persone che stavano passeggiando sul pontile cercando di spiegare la situazione; fortunatamente accorse un ormeggiatore il quale ebbe, come vedremo, un ruolo molto importante per la riuscita della manovra.
Ci stavamo avvicinando alla banchina; eravamo quasi paralleli, con il genoa sventato. La barca procedeva molto lentamente ma l’inerzia dovuta al dislocamento le impediva di fermarsi. Decisi quindi di sfruttare tutta la lunghezza del molo per darle più tempo per rallentare. Lanciammo a terra i cavi e l’ormeggiatore, evidentemente esperto, afferrò subito quello di poppa, diede volta ad una bitta senza bloccare la manovra ed incominciò a rallentarci dolcemente facendo scorrere la cima, senza fermarci del tutto: la barca rallentò ed infine, dopo una decina di metri, si arrestò. I parabordi fecero per intero il loro dovere ed infine qualcuno diede volta al cavo di prua mettendoci definitivamente in sicurezza.
Non fu, lo dico con chiarezza, una manovra perfetta: ripensandoci sarebbe stato opportuno lascare la scotta del genoa qualche secondo prima ed avrei dovuto valutare meglio l’abbrivo della barca. Comunque ci ormeggiammo decentemente senza tribolare troppo e, soprattutto, senza fare danni.
Racconto questo episodio perché in questi giorni di forzata inattività causa CoViD, mi è capitato tra le mani un manuale di vela del 1994, scritto da Luciano Pedulli (*) e magnificamente illustrato da Marc Berthier: TUTTE LE MANOVRE A VELA ILLUSTRATE. Ebbene qual giorno di qualche estate fa, quando mi trovai nella condizione di dover decidere rapidamente il da farsi, mi tornarono in mente proprio le illustrazioni di quel manuale, con le relative descrizioni.
Il mio cervello era andato a ripescare in chissà quale anfratto della memoria, proprio quelle pagine il cui titolo era eloquente: “manovra di ormeggio all’inglese a vela” . In pratica non mi era mai capitato di doverlo fare , ma sapevo come farlo! Se oggi dovessi affrontare nuovamente una situazione simile, l’approccio sarebbe il medesimo e, pur con qualche correzione, farei le stesse cose.
Questo episodio ha rafforzato la mia convinzione che, nella vela come in tante altre attività umane, sia fondamentale acquisire tanta pratica e tanta manualità, ma che una buona conoscenza teorica ci possa mettere, subito, sulla strada giusta: insomma braccio e mente o se preferite teoria e pratica.
Le esperienze pregresse e le testimonianze di altri velisti più bravi di noi ci possono dimostrare ed indicare che QUELLA è la strada giusta e che QUELLO è l’approccio giusto per affrontare al meglio le innumerevoli situazioni che l’andare per mare ci propone.
Il pericolo da evitare, a mio parere, è quello di creare una sorta di dualismo che rischia di scadere in due forme diverse ed opposte di presunzione. Primo: pensare di sapere tutto perché molto si è letto e molto si è studiato. Secondo: affrontare ogni situazione nuova ed imprevista come se fossimo i primi a doverlo fare, buttando letteralmente “a mare” le esperienze di tanti altri i quali, prima di noi, le hanno vissute e descritte, mettendole “nero su bianco” in qualche utilissimo manuale.
Salvo poi decidere, come fece Moitessier quando scelse di far correre la sua barca e, munito di accetta, irruppe nel pozzetto di Joshua e tranciò di netto i cavi che aveva precedentemente calato a poppa allo scopo di rallentarla. In quel caso andò contro tutto quello che altri grandi navigatori avevano sempre fatto (e scritto) in precedenza e dimostrò che si poteva fare molto meglio percorrendo una strada diversa…ma lui era Bernard Moitessier !
Buon Vento !
Mirco Mascotto
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