Parecchi anni fa, non saprei dire esattamente quando, stavo navigando in Adriatico a bordo di un Alpa 42, un bellissimo ketch californiano progettato dallo Studio Sparkmann & Stephens, probabilmente i due architetti navali più famosi della storia della yachting mondiale.

La giornata era limpida e fresca, come spesso accade alla fine di Ottobre: erano infatti i giorni del “ponte dei morti”, oggi laicamente consacrato alla Crociera Capibarca del Paterazzo .

Stavamo pigramente navigando verso Nord, sospinti dagli ultimi refoli di una debole brezza, quando avvistammo una barca a vela che, navigando di bolina stretta, scendeva più o meno verso Sud, quindi in direzione opposta alla nostra.

Per prima cosa notai il colore dello scafo: nero, cosa abbastanza inconsueta. Anche le vele erano di un colore scuro, se non ricordo male marrone; erano tutte a riva e disegnavano nel cielo un armo potente con due alberi di uguale altezza, due enormi rande auriche e due vele di prua, l’una armata all’estremità del lungo bompresso, l’altra ingarrocciata su uno stralletto a mo’ di trinchetta.

La cosa davvero insolita e sorprendente erano i due alberi che svettavano in alto, non in verticale ma  fortemente appoppati: riconobbi immediatamente IL GRANDE ZOT, una splendida goletta aurica di 16 metri, costruita in acciaio e disegnata da Carlo Sciarrelli, geniale progettista Triestino.

Ne avevo sentito parlare ed avevo visto qualche foto, ma trovarmela improvvisamente di fronte, potente, maestosa e così originale, provocò in me una grande emozione: rimasi immobile, appoggiato alla battagliola, con le gambe a penzoloni fuori bordo e mi gustai fino in fondo il sapore romantico di quell’incontro, il fascino di quell’imbarcazione  così “diversa”, di quel progetto ardito, quasi provocatorio.

Non so spiegare bene il perché, ma in quel momento mi sentii orgoglioso di essere italiano: un progettista triestino, oltretutto senza una formazione accademica specifica, aveva creato una barca che rompeva tutti gli schemi progettuali; una barca che era ed è, nel bene o nel male, unica e non paragonabile a nessun’altra.

La guardai sfilare ad un centinaio di metri da noi, con la sua andatura potente, stabile e maestosa; il passaggio sull’onda era dolce e l’assetto stabile, senza il minimo beccheggio, mentre il dritto di prua solcava le onde corte e nervose senza sforzo apparente.

Si allontanò velocemente  lasciandoci tutti silenziosi e rapiti. Ancora oggi quell’incontro fortuito è impresso nella mia memoria… indimenticato ed indimenticabile!

Buon Vento!

Mirco Mascotto