Prevenire è meglio che curare!

Il percorso formativo che il Paterazzo ha ideato per la formazione dei propri Capibarca è indirettamente validato nel racconto di questa sventura pubblicato da G.C. Basile (*) su un recente numero della rivista Bolina e intitolato: “IL RUOLO DEL “SECONDO”. Proprio da questo racconto ho tratto lo spunto per realizzare ciò mostro nella parte finale di quest’articolo che chiunque potrà liberamente copiare.

” IN MARINA MILITARE OGNI Comandante di nave ha il suo Secondo, abilitato a prendere il comando nel caso in cui il primo venga meno per un motivo o per l’altro. In Marina Mercantile è il Primo Ufficiale che prende il comando in quel caso. È una regola generale nelle Marine professionali che è molto spesso disattesa nella Marina da Diporto ed è stata più d’una volta la causa di tragedie. Una di queste è riportata da un autorevole organismo che esamina le cause di incidenti in mare coinvolgenti qualunque tipo di nave, imbarcazione o natante (United Kingdom Merchant Shipping Accident Reporting and Investigation) allo scopo di migliorare la sicurezza in mare.

Il 18 giugno 2011, lo yacht Lion, uno sloop con un equipaggio di 8 persone esperte di vela d’altura, era impegnato in una regata da Southampton a Cherbourg, attraverso la Manica.
Alla partenza c’erano 25 nodi di vento da Ovest Sud-Ovest e mare agitato e le previsioni erano di locali rinforzi del vento tino a forza 9. Poco dopo la mezzanotte, a circa 5 ore dalla partenza, il timoniere notò che il genoa, ammainato e lasciato rizzato alle draglie a prora, si era liberato e stava finendo in acqua. Insieme allo skipper, alcuni membri dell’equipaggio si portarono a prora e iniziarono a recuperare la vela trascinandola nel pozzetto, quando si accorsero che lo skipper, che si trovava più a prora degli altri, era caduto in mare sottovento ed era trattenuto aderente al fianco sinistro della barca dal penzolo della cintura di sicurezza, lungo 1,80 metri e incocciato al cavo di sicurezza di dritta, il lato opposto a quello dal quale era caduto in mare. La randa venne subito lascata e la velocità ridotta a 1,5 nodi, mentre si cercava di recuperare a bordo lo skipper che appariva inconscio. Data la sua posizione, schiacciato contro il mascone sottovento, e un po’ di confusione dei soccorritori, ci vollero ben 16 minuti per portarlo in coperta, dove un membro dell’equipaggio, cardiologo, ne constatò il decesso per arresto cardiaco.”

Il lungo e dettagliato rapporto giunge alle conclusioni, le più importanti delle quali sono le seguenti:

  1. Se lo skipper avesse incocciato il moschettone del penzolo posto a 80 centimetri dalla cintura di sicurezza non sarebbe caduto in mare;
  2. Le esercitazioni di uomo a mare effettuate dall’equipaggio non comprendevano il recupero di una persona priva di conoscenza assicurato alla barca dalla cintura di sicurezza;
  3. Nessuno era stato designato a sostituire lo skipper nell’eventualità che si fosse venuto a trova- re incapacitato per un qualunque motivo. Nessuno quindi assunse il comando delle operazioni. Le raccomandazioni finali derivano direttamente dalle conclusioni.
    In particolare è bene soffermarsi sulla terza: anche su una barca da crociera con equipaggio minimo, ovviamente a meno del solitario, è sempre opportuno stabilire chi dovrà sostituire lo skipper se dovesse venir meno. Se si è in due, l’altra persona dovrà avere un minimo di preparazione, almeno saper manovra- re la barca e saper chiedere soccorso fornendo la posizione letta sul GPS.


In tal senso, come Paterazzo siamo ben organizzati e previdenti fin dall’inizio delle nostre scorribande veliche e per quanto possibile cerchiamo di migliorarci ogni volta di più. Infatti, a bordo delle nostre barche abbiamo da sempre un Comandante “in prima” ed uno “in seconda” di simili capacità.

Quindi, per noi, non è una novità ciò che giustamente afferma il Comandante Basile in merito a quest’argomento. Inoltre, stiamo anche affinando e codificando percorsi riguardanti la sicurezza sia attiva che passiva.

Comunque, dalla lettura di questa esperienza si possono trarre anche altri utili insegnamenti per evitare i soliti discorsi che vengono fatti dopo un evento col “senno di poi” . Insegnamenti che ci dovrebbero portare a prendere quelle precauzioni in più che, chiacchierando in banchina, potrebbero essere considerate superflue.

Personalmente, piuttosto colpito dal racconto di questo evento, al quale non avrei mai pensato, ho quindi iniziato a documentarmi su cosa hanno fatto i navigatori più esperti e quali potrebbero essere i sistemi in commercio che possano facilmente essere attuati e alla portata di comuni velisti come me, sempre in considerazione del detto che dice: “Basta una volta!”.

Quindi, con poca spesa (e spero con tanta resa ma senza volerla MAI collaudare dal vero) ho modificato il mio salvagente anulare in un modo leggermente diverso da quello già pubblicato sul nostro sito il 20 giugno 2018, anche perché il salvagente è diverso:

Ho ridotto a 2 metri la lunghezza del cavetto giallo galleggiante e aggiunto, nel punto che una volta in acqua rimarrebbe più in alto e in vista, una piccola ma potente lampada d’emergenza che emette lampi omnidirezionali bianchi e che si accende automaticamente a contatto con l’acqua. Ora cerco un apposito “cappuccio paraspruzzi “ da mettere sul capo una volta in acqua e atto a fare in modo di poter respirare aria nel malaugurato caso di caduta con mare agitato in cui l’acqua, nebulizzata dalla forza del vento, rischia comunque di farci annegare solo respirando!

A cosa serve quel cavetto giallo galleggiante? Serve per facilitare il recupero del MOB incosciente agganciandolo dal cappio, tenuto sempre aperto, per trainarlo sottobordo in posizione supina e senza incorrere nel facile pericolo di fargli male durante l’uso di mezzi per l’aggancio.

Perchè quel moschettone di collegamento dei penzoli? Proprio per evitare quanto letto nel racconto del Comandante Basile poiché consente una sicura e rapida liberazione anche sotto carico.

B.V.

Francesco Rancan


(*) Giancarlo Basile è un velista ed ex ufficiale della Marina Militare autore di testi divulgativi fra i quali Il Vocabolario del Velista e di numerosi articoli su riviste riguardanti l’arte marinaresca compreso mensile “Bolina”. Ha una lunga vita di mare da raccontare. Frequentata l’Accademia Navale di Livorno, è stato al comando di barche che hanno fatto la storia dello sport velico della Marina Militare come Stella Polare, Corsaro II o Artica II, ai successi agonistici come la vittoria con record (rimasto imbattuto per 18 anni) alla Giraglia del 1966 e a moltissime navigazioni per puro diletto e piacere didattico.