…E’ forse questo il destino di un cavaliere errante?..non so esattamente cosa mi abbia spinta a partire per la traversata Atlantica in barca a vela, ma di sicuro è un’esperienza che ho desiderato tantissimo e che voluto soltanto per me…

Finalmente il  25 novembre 2018 arriva e alle ore 10,43 UTC F.M. lascia gli ormeggi alla volta di Martinica. La rotta avrebbe previsto un passaggio verso sud fino alla latitudine di Capo Verde per prendere gli Alisei, dopodiché ci saremmo portati a 270° in rotta sui Caraibi. In quel momento nella mia testa suona ‘Rise’ di Eddie Vedder. La musica mi ha accompagnato per tutto il viaggio.

Partiamo a motore coperti dalle coste di Tenerife, proseguiamo con randa e motore fino a quando, appena scapolato il capo dell’isola non avvertiamo un forte odore di carburante.

E’ bastato aprire il vano per scoprire l’inenarrabile: più di 60 litri di gasolio navigano in sentina. Non sto qui a descrivervi l’espressione sui nostri volti, ma scopriamo che i serbatoi nei gavoni di poppa sono stati installati per evitare l’utilizzo del serbatoio principale, che evidentemente aveva dato problemi, questi però non  erano stati collaudati a dovere il che li ha resi inutilizzabili, costringendoci a convivere con tanichette di carburante in dinette e a respirare esalazioni che certo in navigazione sarebbe meglio evitare.

Sarà stato il gasolio, sarà stata la tensione o le onde,  ma i primi due giorni li ho passati distesa in cabina e quando non ero distesa agonizzante, mi appollaiavo nel mio posticino a poppa sottovento, tenuta dalla collottola come si fa con i gattini. Per fortuna dopo 48ore,  con le narici ormai bruciate dall’odore, il mio corpo come per magia si è abituato a quel perpetuo rollio e da lì ho iniziato a vivere il viaggio.

Con il passare dei giorni le sorprese aumentano, le vele che dovevano essere ‘a posto’, in realtà sono solo la randa  e una vecchia tormentina rattoppata e recuperata in fretta e furia prima della partenza. Vela che è stata riparata tre volte con viti bulloni e american tape. Tutto ciò che sapientemente è ripiegato a prua in realtà sono solo vele esplose durante le navigazioni precedenti. Al quinto giorno perdiamo il carrello del tangone, spezzato in due forse dall’usura o forse dalle continue botte, probabilmente entrambe, riparato dal magico ingegnere con una legatura , vista solo sui manuali Scout.  Il timone, duro e cigolante,  non permette sonni sereni ai poveri sventurati alloggiati nelle cabine di poppa; tutto a posto per lo skipper , fino a quando  ci ritroviamo di bolina in piena notte in mezzo all’Atlantico, capiamo che ‘l’amatissimo e nuovissimo’ autopilota ha smesso di lavorare perchè incapace di contrastare la timoneria evidentemente ossidata. Ci sono volute alcune martellate e lo skipper chiuso in uno dei gavoni per sistemare la questione.

Parte degli oblò sono stati rattoppati in navigazione con lo scotch onde evitarci qualche doccia salata e per la metà del tempo l’SSB  non ha funzionato perché installato male. Insomma non ci siamo certo annoiati, ma la cosa che davvero mi ha fatto capire di quanto fossimo tutti destinati al Paradiso, è stato quando è finito il gas a 5 gg dall’arrivo. Quasi mille miglia senza poter cuocere alcunché, razionando cibo in scatola e sorridendo a quella pancetta che stava sparendo per preparami evidentemente alla prova costume.

Non è stata certo una traversata semplice, diciannove giorni di navigazione nei quali spesso ci siamo ritrovati a fare grandi respiri per non urlare, per non farci prendere dalla rabbia e a volte (parlo per me) dal panico, ma come spiegarvi che comunque sia andata, questa rimane l’esperienza più follemente meravigliosa che io abbia mai vissuto? Le parole per descriverla mi sono arrivate alla mente solo dopo aver toccato terra, solo dopo ho realizzato, mentre ero immersa in quell’infinito non mi sono realmente resa conto di tanta straordinarietà.

Dopo qualche giorno di ansia da distacco, sono entrata in una dimensione ‘altra’ nella quale tutto era meravigliosamente semplice: la mia gioia e il mio dolore, tutto era relazionato a quel momento, agli istinti vitali e primordiali di una persona che si trova in mezzo alla natura senza la possibilità di comunicare ne scappare (vi tranquillizzo dicendo ho chiamato a casa ben tre volte).

I miei compagni di viaggio poi sono stati una scoperta. Non c’era bisogno di parlare, tutti rispettavano il silenzio altrui quando era necessario, poi il punto nave alla stessa ora tutti i giorni, le canzoni cantate ‘al cielo lassù’ e il cinema Fiorella (così definita la visione quasi quotidiana di un film sul piccolo televisore in dinette) hanno creato quella quotidianità necessaria per non impazzire (forse), perché la noia,quella vera, in certi momenti ti devasta ed è sempre in agguato, ma siamo sinceri: quanta fortuna potersi annoiare così?

Il tempo in navigazione si dilata e si comprime in movimenti che imitano le onde, ma ogni stella cadente ti ripaga di tutti i momenti in cui ti disperi,quando quelle miglia sembrano non finire mai.

Alla prima notte di turno passata canticchiando Daniele Silvestri con Guido e Federico, ne sono seguite altre dure e meravigliose sotto quel cielo che sembra ti voglia cadere addosso, quel cielo vivo e luminoso che ti entra dentro, fino all’ultima alba, aspettando il sole per andare a dormire. L’Oceano poi, quel profondo, primordiale blu, quel moto ondoso, respira e ti ispira i pensieri più puri e meravigliosi (fossi solo capace di scrivere poesie!). Balene, delfini e pesci volanti ti riempiono la giornata come la lettura, amica cara! E allora anche l’avvocato Guerrieri ,la dottoressa Allevi o la sartina della Pitzorno diventano compagni di viaggio. Senza distrazioni, pensieri o sensi di colpa, torni ad essere esattamente ciò che sapevi di essere sotto la polvere della frenesia e della quotidianità.

Ora so di essere stata realmente e profondamente felice, è una sensazione cresciuta col tempo, percepita piano piano,vissuta forse solo col senno di poi.

Se mi chiedete cosa io abbia fatto al mio arrivo a Martinica, beh dopo dieci minuti distesa su un prato ad accarezzare l’erba, mi sono tuffata su un hamburger!

Il resto del viaggio è fatto di palme, acqua cristallina e rum, ma questa è un’altra storia!

Sabrina Saetti