Quello di skipper/comandante in crociera e quello di skipper/comandante in regata, che vorrei immaginaste in luoghi lontani dalla costa dove si può contare solo su se stessi, sono ruoli spesso ricoperti dagli stessi uomini/donne. Ma sono ruoli interscambiabili?
Quanto segue vuole essere un semplice stimolo per riflessioni su due ruoli importanti e che potrebbero essere, per certi aspetti, contrapposti.
In questo articolo ci occupiamo dello Skipper diportista. Nel prossimo numero scopriremo le caratteristiche essenziali per lo Skipper regatante.
LO SKIPPER DIPORTISTA
Chi conosce bene il nostro gruppo, ed ha avuto anche esperienze esterne, credo sia in grado di valutare quanta preparazione, teorica e pratica, possa servire per essere un buon comandante/skipper. Inoltre, il Paterazzo pretende che i nostri comandanti abbiano fatto l’intero percorso con noi fin dal corso primi bordi anzi, poi chiede anche una sorta di “gavetta” per vivere e approfondire “sul campo” le tecniche, soprattutto quelle pratiche, che si acquisiscono lentamente partecipando alle uscite scuola in veste di aiuto capobarca, o nelle crociere dedicate alla formazione dei capibarca, per poi essere secondo comandante in qualche nostra crociera.
Tutti sappiamo da sempre che avere una patente, sia essa nautica o automobilistica non è tutto. A proposito, ricordo che quando circolai in auto la prima volta, da solo per le nostre strade, mi chiedevo: ma questi (che mi abilitarono alla guida) come hanno fatto a fidarsi di me con solo un breve esame e mettermi in “circolazione”?!
Tutte le patenti sono solo documenti che certificano le tue responsabilità. Non le abilità!
Assodato ciò, le capacità che un buon comandante deve avere per condurre un’imbarcazione sono molteplici e prescindono pure dalla dimensione del “battello” che comandano. Lo status di comandante dà una chance unica, importante e fondamentale: quella di demandare ad altri compiti che lui non può fare ma che comunque rimangono sotto la loro esclusiva responsabilità ed, inoltre, dovrà essere riconosciuto dal suo equipaggio per l’autorevolezza, non autorità.
Ecco quindi, per esempio, disegnarsi subito alcune capacità che un buon comandante deve necessariamente avere: SAPER ORDINARE/comandare E SAPER DELEGARE.
Saper ordinare.
Sembra facile ma in realtà nasconde grandi doti e capacità. Chi “ordina” deve innanzitutto saper fare ciò che ordina e, secondo, essere autorevole senza essere autoritario! Inoltre i comandi vanno dati usando la terminologia prevista, corretta ed inequivocabile, che identifica con assoluta precisione un oggetto o un’azione che deve essere fatta in modo preciso e in un ben preciso momento.
Saper delegare.
Delegare un’altra persona a fare ciò che vorresti fosse fatto come le regole marinare dettano non è sempre facile come sembra. Innanzitutto bisogna essere certi della preparazione del “delegato”, ovvero che sia in grado di capire l’ordine e, non ultimo, di eseguirlo correttamente nel momento in cui serve, ne prima ne dopo secondo l’arte marinara consolidata e collaudata e non diversamente, senza tentennamenti ne discussioni.
Poi altre caratteristiche dovrebbero far parte del bagaglio del buon comandante: Essere “psicologo” per capire e gestire l’equipaggio sotto tanti punti di vista, emotivo, fisico, morale, e sociale al fine di creare un team che sta bene e collabori assieme nelle varie incombenze di bordo.
“Essere leader” autorevole e non autoritario, soprattutto nei momenti difficili dove sarà unico certo riferimento; deve saper trasmettere fiducia e sicurezza senza fa trasparire tensione oppure l’equipaggio – percependola – la decuplica, magari inutilmente: “ … se è tranquillo lui … “ (o almeno mostra di esserlo) anche l’equipaggio sarà sereno e risponderà in maniera giusta ai comandi.
“Essere tecnico” tuttofare molto attento e “multi-specializzato”. Per esempio in idraulica, elettrotecnica, meccanica. Riflettiamo un momento. La barca, quando è lontana dalla costa, potrebbe essere assimilata ad una micro città? Non c’è forse un “sindaco”? Non c’è forse un popolo? Non c’è una forse casa con tutti i relativi impianti tecnologici: acqua, luce e gas, e molto altro? Quindi, quando qualsiasi cosa non funziona come dovrebbe, chi dovrebbe essere in grado di intervenire? Il comandante! Infatti quante volte ci è capitato di sentirci chiamare: “Comandante, questa cosa non funziona”! Ed ecco che lo skipper si trasforma in idraulico, elettricista, meccanico, elettrotecnico e quant’altro all’occorrenza e, perché no, alla fine anche pure un po’ cuoco e quant’altro. Già… e quant’altro! Poiché in barca tutto ciò che c’è si può guastare e, per la nota “legge di Murphy” prima o poi si guasta, e ciò puntualmente accadrà nei momenti meno opportuni. In questo caso, in barca, non si può scendere dopo averla “parcheggiata” e chiamare “l’ACI”! In qualche modo ci si deve arrangiare.
In conclusione poco importa se la barca non corre al massimo perché la carena sarebbe da fare o le vele non sono ottimizzate, L’ESSERE CAPOBARCA / COMANDANTE va oltre e implica più attenzione a tutto quello che è – e sarà – dopo aver mollato gli ormeggi, quando sarà solo col suo l’equipaggio e la sua barca!
La “preveggenza” di avere sempre un piano “B” e la prudenza sono i suoi pilastri fondamentali, attenta e oculata guida dell’equipaggio nonché dell’attrezzatura finalizzata alla sicurezza ma anche al benessere che ne deriva sia all’equipaggio che alla barca che comanda.
Fine prima parte
Francesco Rancan
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