Piuttosto che spiagge, mari e laghi, ho sempre amato la montagna, lo sci, le camminate, i rifugi. Quasi per caso nel 1987, quando avevo già 36 anni, un paio di amici mi coinvolgono nell’acquisto di un Flying Junior anzianotto, ma ancora performante.

Fin dalle prime prove sulla deriva sento scattare in me una scintilla, ma non sapevo fosse destinata ad accendere un grande fuoco.
L’anno successivo, reclutando un quarto amico, acquistiamo Ciapelanò, piccolo cabinato di 7,5 metri (Coronado 25), con cui partecipiamo ad alcune regate sul lago di Garda. I risultati sono piuttosto deludenti, ma non spengono il nostro entusiasmo; al contrario ci incitano a migliorare, a prendere esempio dagli equipaggi più esperti.

Insieme ad altri amici decidiamo di conseguire la patente nautica. Per prepararci ci iscriviamo ad un corso organizzato dalla 3^ circoscrizione, dove abbiamo la fortuna di trovare come istruttore Franco Abriani, grande appassionato di cultura e arte marinara. “Galeotto quel corso e chi lo tenne”.

Insieme a Franco, con l’obiettivo di avvicinare alla vela persone adulte e senza esperienza, fondiamo a Verona il Circolo Velico Il Paterazzo. È un grande successo: pur essendo una dozzina di neofiti, o forse proprio per questo, attiriamo anno dopo anno numerosi nuovi iscritti che partecipano alle attività sempre crescenti, dalle crociere alle serate a tema, ai corsi di formazione.

A lungo ospitato presso i locali della 3^ circoscrizione, oggi Il Paterazzo ha una bellissima sede nel forte asburgico di Chievo; in più di 30 anni oltre un migliaio di persone hanno frequentato il circolo e i tesserati sono oggi circa 300 (www.ilpaterazzo.com).

Ma torniamo alla mia storia di armatore. Sempre in comproprietà con amici, dopo qualche anno il Ciapelanò viene sostituito da Bene Benissimo, uno Starry 26 grazie al quale facciamo notevoli progressi: nel 1997 vinciamo sul Garda la Centomiglia nella classe crociera F ed il Campionato Invernale di Bardolino.

La mia iniziale attrazione per la vela è diventata un grande amore: il lago di Garda e 4-5 settimane all’anno di crociere su barche noleggiate non mi bastano più. È il momento di comprare una nuova barca adatta a solcare, come minimo, il Mediterraneo. Insieme a tre nuovi soci ordiniamo al cantiere Media Ship, che ha rilevato il fallimento della Comar, un Genesi 43 (progetto Vallicelli): è una barca grande, 13 metri, spaziosa e performante. Le diamo il nome di Talita e con lei allarghiamo le nostre esperienze: dapprima mar Tirreno, Corsica e Sardegna, poi mar Adriatico e Croazia, infine Grecia.

Alla fine del 2001, all’età di 50 anni, un gran colpo di fortuna: posso lasciare il lavoro in ferrovia e conseguire una pensione, non certo d’oro, ma più che dignitosa. Un’opportunità che non mi lascio sfuggire, anche se continuerò a lavorare come amministratore nel settore delle cooperative edilizie. Un’attività impegnativa, ma molto più flessibile. Riesco infatti, nella primavera-estate del 2002, a partecipare con Talita alla Mediterranean Odyssey, la seconda edizione di un rally organizzato da Alfredo Giacon.

La crociera/regata dura circa due mesi, parte da Savona e arriva a Corfù in Grecia, con tappe (in media di circa 150 miglia) che toccano Francia, Spagna, Italia, Tunisia, Malta e GreciaPer la prima volta in vita mia trascorro in barca due mesi ininterrotti, misurandomi con tutti gli aspetti delle navigazioni più lunghe: programmazione, manutenzione, cambi di equipaggio, organizzazione della vita di bordo. Un’esperienza che mi ha fatto maturare come velista, ma soprattutto ha acceso in me il desiderio di navigare a lungo, vivere in barca e andare sempre più lontano.

Non è solo spirito di avventura, che pure mi ha contraddistinto fin da bambino, è la scoperta di un senso di benessere e appagamento, un nuovo entusiasmo ed una nuova energia. Comincio a pensare che la barca è il mio futuro, l’unica dimensione in grado di colmare una sorta di vuoto esistenziale, probabilmente legato allo stato di crisi del mio matrimonio. In breve tempo arriva la separazione, una rivoluzione che mi porta a 52 anni suonati ad iniziare una nuova vita. Al mio fianco una nuova compagna, Lilli, nata nell’isola di Ischia ed entusiasta di andare per mare e sposare il mio progetto di vita.

Nel 2003 cedo la mia quota parte di Talita e con Lilli iniziamo la ricerca della nuova barca. Vogliamo una barca-casa, sicura e maneggevole, tra i 14 e i 16 metri, preferibilmente in alluminio; budget di spesa 200-300 mila €. Visitiamo i saloni nautici di Genova, Parigi, Londra e Southampton, poi cantieri e piazzali di barche usate in Olanda, i cantieri Najad, Hallberg Rassy, Sweden Yachts, Regina e Malò in Svezia.

Alla fine di questa ricerca selezioniamo due modelli: il Garcia in alluminio e l’Amel Super Maramu; sceglieremo tra i due dopo la prova in mare. L’esito della prova fa pendere la bilancia a favore dell’Amel. Nel marzo 2004, sull’Amel che il nostro futuro amico Gianni Testa aveva messo in mostra al salone nautico di Venezia, firmiamo il contratto di acquisto. Il budget è un po’ sforato, ma siamo felici.Mentre il cantiere di La Rochelle costruisce la nostra nuova barca, come genitori in dolce attesa Lilli ed io immaginiamo il suo splendido futuro e scegliamo il suo nome: Refola, versione femminile del refolo di vento.

Ci consegnano Refola il 4 dicembre 2004; una settimana di scuola con i tecnici del cantiere, che ci rivelano meraviglie e segreti frutto del genio di M. Henry Amel, e siamo pronti per la nostra prima avventura atlantica. A bordo di Refola, oltre a Lilli, i carissimi amici Piero e Giancarlo. Attraversare il Golfo di Biscaglia è di per sé un’impresa, ma se lo si fa in dicembre, con un’unica tappa di 482 miglia, ed è la prima navigazione oceanica, beh … sembra di toccare il cielo con un dito!

Per tre anni ci godiamo intensamente Refola nel Mediterraneo: Tunisia, Croazia, Grecia, Turchia. Nel 2008 il grande salto: la prima traversata atlantica. Partecipando all’ARC, il rally in flottiglia ideato da Jimmy Cornell ed ora gestito dal Word Cruising Club, raggiungiamo i Caraibi, che perlustriamo in lungo e in largo. A maggio 2009 riattraversiamo l’Atlantico via Bermuda, Azzorre, Portogallo; siamo nell’ARC Europe, con una ventina di barche, molte delle quali reduci dal giro del mondo. La traversata è dura, ma segna l’inizio di una nuova fase della mia vita.

Da un lato acquisisco la fiducia che Refola (ed io stesso) possiamo affrontare condizioni meteo impegnative. Dall’altro lato vengo folgorato dai racconti dei navigatori appena conosciuti. Qualcosa scatta dentro di me: appena sarò completamente libero dal lavoro, faremo il giro del mondo.

A novembre 2010 portiamo Refola a Port Napoleon, vicino Marsiglia, e dedichiamo il 2011 alla preparazione della barca: sopra un rollbar di mia progettazione installiamo pannelli solari e generatore eolico, posizioniamo la zattera di salvataggio in una gabbia fissata alla battagliola, sostituiamo al completo il parco di 13 batterie, montiamo scalini sull’albero di maestra e due isolatori al paterazzo per avere una seconda antenna per la radio SSB. Revisione del motore e del generatore, revisione e sostituzione delle membrane del dissalatore e siamo pronti.Faremo un giro del mondo a tappe: ogni anno navigheremo 6-8 mesi, nella buona stagione, passando i restanti mesi a casa per accudire gli anziani genitori e studiare le nuove rotte.

La prima stagione comincia il 29 luglio 2012 a Port Naoleon e finisce nel Pacifico, a Raiatea (Polinesia Francese) dove lasciamo la barca nel settembre 2013.

Nel 2014 e 2015 rimaniamo in Pacifico: isole Tonga, Fiji, Vanuatu, Nuova Caledonia. Nella stagione degli uragani Refola è al sicuro in Nuova Zelanda.

Nel 2016 lasciamo i Mari del Sud e attraverso le Salomon, la Papua Nuova Guinea, il Mare di Bismark, l’Indonesia raggiungiamo la Malesia, dove lasciamo la barca a Pangkor. Nel 2017 navighiamo poco: visitiamo la Thailandia e torniamo a Pangkor.

Nel 2018 affrontiamo l’Oceano Indiano: Sri Lanka, Maldive, Chagos (British Indian Ocean Territory), Seychelles, Madagascar e Sudafrica.

Nel 2019 dal Sudafrica ci spostiamo in Namibia, e da qui attraversiamo per la quarta volta l’Atlantico con una sosta a Sant’Elena atterrando in Brasile, a Jacaré. Ripartiamo per raggiungere Trinidad, ma la foratura della marmitta ci costringe a tornare indietro, a lasciare la barca al Jacaré Marina e a tornare a casa.

Nel 2020 riusciamo a portare Refola a Trinidad, ma il precario stato di salute di mia mamma e la pandemia del coronavirus ci costringono ad interrompere il nostro viaggio, che doveva proseguire lungo la costa est degli Stati Uniti, fino al Canada.Un programma che, appena possibile, riprenderemo con gioia.

PS: La prima parte della nostra avventura, fino a Panama, è descritta nel libro “Refola, Giro del mondo a tappe” pubblicato dal Frangente nel 2016; stiamo terminando il secondo libro, sull’Oceano Pacifico.

Sandro Nodari