Nel cielo stellato d’estate una cosa è diventata “famosa”: è il Triangolo Estivo, formato da tre stelle Alfa (di prima grandezza) che ne delimitano gli angoli.

La fama gli è stata data da rotocalchi e rubriche di giornali che ogni anno non dimenticano di informare i lettori che durante le ferie estive, alla sera, trovando più facilmente il tempo di alzare gli occhi al cielo, esclamano: oh, quante stelle! Quali saranno?
Tra pulviscolo atmosferico, inquinamento luminoso ed ossidi di azoto cosmici si evidenziano comunque tre stelle bianche più luminose delle atre, disposte a forma di triangolo isoscele: sono Deneb del Cigno, Vega nella Lira e Altair nell’Aquila. Vale comunque ricordare che le “tante stelle” estive sono molto meno di quelle visibili in inverno: ad occhio nudo circa 3.500 in estate e 5.500 in inverno.


Il Cigno vola alto nel cielo ( ha una declinazione di + 45°). In effetti si tratta di Giove trasformato, felice di aver conquistato Leda, la moglie di Tindaro re di Sparta, quand’ella ignara (?) gli portava il becchime presso il laghetto dei giardini reali. Da quell’incontro nacque Pollùce, uno dei due Gemelli.
Durante la Controriforma, le costellazioni furono riformulate in chiave religiosa , e si pensò di rimediare allo scandalo indicando il Cigno come la “Croce del Sud” o di Cristo.

E la Lira ? E’ collocata a Ovest del Cigno con una declinazione di +39°. Ci ricorda lo strumento musicale di Orfeo, sommo cantore dell’Amore. Sublime con la sua Euridice. La costellazione era chiamata originariamente Chelys, e ricordava la forma di una chela, il guscio di tartaruga da cui Ercole (Hermes) aveva ricavato uno strumento musicale con sette corde di budello di capra da regalare al fratello maggiore Apollo, per farsi perdonare il furto di 50 vacche sottratte alla stalla degli dei.


Poi c’è l’Aquila, che vola bassa (declinazione +9°) appesantita dal peso di Ganimede. Si tratta ancora di quel marpione di Zeus trasformatosi nell’uccello rapace per rapire il bel giovinetto dalle fattezze conclamate fin al di fuori dei confine della Troade, proponendolo come coppiere degli dei Troo, suo padre e capostipite dei Troiani, venne ricompensato con bellissimi cavalli.
Il poeta greco Pindaro, nel 500 a.c. suppose che le cose fossero andate in un altro modo. Troo ebbe tre figli: Ilo e Assaraco dei quali si conosce l’albero genealogico fino ad Enea, ma di Ganimede non si saprà più nulla: morte accidentale e malattia?


Volgendo lo sguardo al cielo nelle notti estive, il Triangolo avrà di che farci meditare!

Franco Abriani