Col binocolo osservavo la terza fascia di mare (la più lontana) pennellata di bianche creste come di panna montata posta sopra una glassa di kiwi.
Ecco una piccola nave, sui sessanta di sinistra, a circa due miglia di distanza, arrancare sulla rotta opposta alla nostra.
Nera, con fumaiolo pure nero e con fascia rossa alla sua metà quale etichetta identificativa che evidenzia un prodotto. E’ una petroliera, non “super” come devono essere oggi tutte le petroliere, ma sicuramente un “trasporto liquidi” a pieno carico perché sprofondava nell’acqua sparendo tra le onde e poi, poco oltre, ricompariva con la prua seguita dalla poppa per scomparire nuovamente di prua, seguita dalla poppa. Al nostro confronto (18.000 tsl) era un giocattolo alla mercé delle divinità marine.
Ecco come nascono le leggende di mare. “Quelli ballano” disse Gino Biscaro distogliendo lo sguardo dal 157. “Oh, sì che ballano!”. Confermai con piena avvertenza delle mie convinzioni.
Ogni tanto un frangente superava il tagliaonde, riversandosi in coperta fino al tripode e gli spruzzi giungevano fino alle vetrate poste a quindici metri dalla linea di galleggiamento, mentre i dischi di “chiara visione”, girando vorticosamente, rendevano la visuale nuovamente accettabile.
In quel momento il cicalino dell’interfono fa udire la sia vibrazione. Mi dirigo alla paratia posteriore e rispondo. E’il comandante Barberini a chiedere lo stato del mare. “Forza cinque” dico senza esitazione ( a quel tempo si poteva valutare in “forza” lo stato del mare) ed il comandante riappese. “Anche cinque e mezzo … e buoni!” esclamò subito con energia di voce Gino il timoniere senza distogliere, questa volta , lo sguardo dalla normale.
Ci rimasi male. Sapevo di aver minimizzato perché, esagerando nella valutazione, temevo di apparire pessimista ed allarmato abbassando così la mia supposta statura radiante da ultimo arrivato a bordo, che faticava però a doversi misurare con gli occhi sornioni e ben sperimentati di altri membri dell’equipaggio.
Franco Abriani
Novembre 2019
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